ASSEGNATI (E NON ASSEGNATI) I PREMI DELLA IX EDIZIONE DEL PREMIO MORETTI 2009

da | Ott 24, 2009

La Commissione giudicatrice del Premio Moretti, composta da Gian Luigi Beccaria, Umberto Carpi, Franco Contorbia, Pier Vincenzo Mengaldo, Ezio Raimondi, riunita nei giorni scorsi a Casa Moretti di Cesenatico ha assegnato i premi della IX edizione.

Per la prima sezione riservata alla Filologia assegna il premio a: Davide Colussi, Tra grammatica e logica. Saggio sulla lingua di Benedetto Croce (Roma, Fabrizio Serra, 2007): con la seguente motivazione: «L’opera di Davide Colussi è un libro di grande valore sia per la storia della lingua italiana tra metà Ottocento e metà Novecento, sia per l’illuminazione attraverso l’analisi linguistica di molti aspetti di primario significato dell’attività e del pensiero di Benedetto Croce, sia infine, perché attraverso lo studio accanito della prosa del pensatore. Fornisce uno spaccato importante della cultura italiana nel primo mezzo secolo del Novecento».

Per la seconda sezione riservata alla «Storia e Critica Letteraria»: il premio non è stato assegnato. Clamoroso giudizio della Giuria che in questi anni aveva premiato i giovani e che per questa edizione invece ha ritenuto che, pur essendo stati presentati lavori di buona fattura, nessuno corrispondesse ai tradizionali livelli del Premio.

Il Premio alla Carriera (istituito da quest’anno) è stato assegnato all’unanimità a Domenico De Robertis: «Per la straordinaria, vastissima e generosa attività filologica e critica che a partire dalle origini e dai suoi Cino da Pistoia, Dante e Petrarca si è riccamente estesa anche all’Ottocento e al Novecento con contributi fondamentali su Foscolo, Leopardi, Campana, Ungaretti e così via in una selva produttiva di cui è perfino difficile seguire ogni articolazione. Per questo la Giuria si sente onorata nel proporre il suo nome per questo riconoscimento».

I premi saranno consegnati sabato 24 ottobre prossimo nel Teatro Comunale di Cesenatico nell’ambito della chiusura delle celebrazioni del trentennale morettiano che prevedono nella mattinata, un seminario dal titolo Il tempo migliore di Marino Moretti, sulla prosa autobiografica dello scrittore romagnolo, nel pomeriggio la cerimonia di consegna condotta da Arnaldo Colasanti e, in serata, uno spettacolo con letture di Giuseppe Pambieri dalle pagine più intense della prosa autobiografica morettiana.

DAVIDE COLUSSI
Storico della lingua italiana, Davide Colussi (Pieve di Cadore, Belluno, 1971) è docente di Analisi del linguaggio politico all’Università di Ferrara. Si è occupato in particolare del Tasso lirico e del linguaggio della critica e della linguistica fra Otto e Novecento (Croce, Praz, Migliorini, Spitzer). Ha in preparazione un commento all’Aminta di Tasso e un volume su Contini.
Tra grammatica e logica. Saggio sulla lingua di Benedetto Croce è un libro che mancava. Fondamentale. Perché, per quanto strano possa sembrare, prima non esistevano studi organici sulla lingua di Benedetto Croce, cioè del massimo prosatore del secolo trascorso, se non per accenni o affondi parziali; e questi sono per lo più puntati sullo stile del pensatore. In questo libro l’Autore, ha spogliato sistematicamente dieci fra le opere maestre di Croce, integrando i dati risultanti con spogli parziali di tante altre, ed ha avvolto il tutto in una rete stretta di riscontri con le abitudini linguistiche di Otto e Novecento, quali risultano da studi, attentamente e largamente utilizzati, su questo o quello aspetto o autore, ma in molti casi procedendo lui stesso a rilevamenti a tappeto: come nel caso, importantissimo naturalmente per Croce, di De Sanctis, o in quello di Gentile. E delle opere di Croce ha scrutinato e valutato le varianti formali da edizione a edizione, che com’egli osserva vanno in genere assieme a robuste revisioni concettuali, e che comunque non sembrano in totale modernizzanti. Ne deriva che il presente lavoro non è solo un’analisi compiuta della lingua dell’importantissimo pensatore ed erudito, ma è anche un capitolo fondamentale di storia della lingua italiana fra Otto e Novecento, lungo e anzi al di qua e al di là dell’arco temporale che il grande vecchio ha vissuto.

DOMENICO DE ROBERTIS
Figlio dell’italianista Giuseppe De Robertis, nato a Firenze nel 1921, laureatosi in lettere all’Università di Firenze con Mario Casella, è divenuto libero docente di letteratura italiana nel 1956; titolare di questa materia dal ‘63, ha insegnato a Cagliari, Pavia e Firenze. Collaboratore del «Giornale storico della letteratura italiana» e degli «Studi danteschi», è stato direttore degli «Studi di Filologia Italiana». Accademico della Crusca è vice presidente della Società Dantesca Italiana. Fine studioso, il suo severo metodo filologico è comunque aperto ai problemi della critica letteraria soprattutto dal punto di vista stilistico. La filologia d’autore è infatti il versante in cui De Robertis – sulla scia del padre, primo editore di Ungaretti – e del Contini difensore degli scartafacci dagli attacchi crociani, trova una delle sue migliori realizzazioni. Devono essere ricordati i suoi lavori su Dante e sulla letteratura tre-quattrocentesca. Incaricato infatti, dal 1956, dell’Edizione Nazionale delle Rime, portata a termine nel 2002 di cui ha studiato i manoscritti, ha pure indagato i principali canzonieri degli antichi autori, sia manoscritti che a stampa. Fra i lavori più importanti: Il libro della “Vita Nuova” (1961); Storia del “Morgante” (1958); Editi e rari. Studi sulla tradizione letteraria fra Tre e Cinquecento (1978). Ha inoltre curato molte edizioni di testi, fra cui le Opere minori di Dante, in collaborazione con Gianfranco Contini e Cesare Vasoli (1979 e 1989).
Infaticabile consulente e lettore (all’Università, all’Archivio Bonsanti del Gabinetto Vieusseux, all’Accademia della Crusca per i suoi «Studi di Filologia italiana», ma anche nei corridoi della Biblioteca Nazionale di Firenze, come ben sanno molti studiosi più o meno giovani), come finissimo critico dello stile, sempre in grado di leggere il senso delle minime variazioni testuali. Il campo d’azione del filologo e saggista è vastissimo, all’incirca da Abelardo a Ungaretti, con una predilezione per i grandi classici, quelli amati dalla generazione ermetica, Petrarca e Leopardi, ma anche il Manzoni dei Promessi Sposi, penetrato con acume straordinario, Pulci e il Quattrocento volgare, e Foscolo, Parini, oltre a tutta la lirica due-trecentesca, e poi Campana. Gli strumenti sono quelli della critica testuale, quindi della storia della lingua, della codicologia, della metrica e della stilistica, ovvero, per usare un termine continiano, della critica verbale.

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